Padula - La Certosa di San Lorenzo

la Corte esterna


La certosa di Padula, o di San Lorenzo, è situata nel comune di Padula, nel Vallo di Diano, in provincia di Salerno. Si tratta della prima certosa ad esser sorta in Campania, anticipando quella di San Martino a Napoli e di San Giacomo a Capri.

Estesa su una superficie di 51.500 m² è composta da tre chiostri, un giardino, un cortile ed una chiesa. Dal 1957 ospita il museo archeologico provinciale della Lucania occidentale; nel 1998 è stata dichiarata patrimonio dell'umanità dall'UNESCO assieme ai vicini siti archeologici di Velia, Paestum, al Vallo di Diano e al parco nazionale del Cilento.

La Certosa di San Lorenzo è il più vasto complesso monastico dell’Italia Meridionale nonché uno dei più interessanti in Europa per magnificenza architettonica e copiosità di tesori artistici.

I lavori di costruzione iniziarono nel 1306 per volontà di Tommaso Sanseverino, conte di Marsico e signore dei Vallo di Diano, e proseguirono, con ampliamenti e ristrutturazioni, fino al XIX secolo. Dell'impianto più antico restano nella Certosa pochi elementi: tra questi si ricordano lo splendido portone della chiesa datato al 1374 e le volte a crociera della chiesa stessa. Le trasformazioni più rilevanti risalgono alla metà del Cinquecento, dopo il Concilio di Trento. Seicenteschi sono gli interventi di doratura degli stucchi della chiesa, opera del converso Francesco Cataldi. Del Settecento sono invece gli affreschi e le trasformazioni d’uso di ambienti esistenti.

I Certosini lasciarono Padula nel 1807, durante il decennio francese del Regno di Napoli, allorché furono privati dei loro possedimenti nel Vallo, nel Cilento, nella Basilicata e nella Calabria. Le ricche suppellettili e tutto il patrimonio artistico e librario andarono quasi interamente dispersi e il monumento conobbe uno stato di precarietà e abbandono. Dichiarato monumento nazionale nel 1882, la Certosa è stata presa in consegna dalla Soprintendenza per i Beni architettonici di Salerno e nel 1982 sono cominciati i lavori di restauro.

La corte esterna è costituita da un grande cortile rettangolare intorno al quale erano ospitate buona parte delle attività produttive. L'originaria veste cinquecentesca, realizzata in pietra locale e rigidamente scandita dall'ordine dorico delle colonne binate, fu arricchita in epoca barocca con statue e pinnacoli.

I Certosini sono conosciuti anche come monaci angeli o solitari di Dio. La prima casa fu fondata, nel 1084, da S. Bruno di Colonia in un luogo deserto del massiccio francese della Chartreuse, dove si ritirò con altri sei compagni. Insieme ai padri si stabilì nella parte alta, in un luogo impraticabile e difficile da raggiungere per condurre una vita ascetica.

 

I due fratelli conversi dimorarono nella parte bassa della montagna,  rinunciando al completo isolamento per interessarsi delle necessità materiali dei compagni. Si andò da allora definendo la distinzione tra padri professi, tenuti alla più rigida clausura, e fratelli conversi, anch’essi certosini ma aperti al mondo. Ogni casa certosina è diretta da un Priore, affiancato da un vicario, da un sacrista, da un maestro dei novizi, e da un procuratore, un padre certosino esentato dalla stretta clausura per svolgere i propri compiti. Tutti i Priori obbediscono e partecipano  al Capitolo Generale, che si riunisce nella Grande Chartreuse, e che per mezzo dei padri visitatori ispezionava le sedi periferiche. I monaci certosini erano cenobitici, ma nello stesso tempo solitari. La vita eremita del certosino, basata sulla contemplazione, si svolgeva nella solitudine e nel silenzio della cella e del chiostro, cioè nella zona eremitica della casa alta. 

 

 

 

 

La regola consente al monaco di affiancare alla contemplazione il lavoro manuale, per cui ogni unità abitativa era ed è fornita di un proprio laboratorio.

Ingresso principale


Facciata dell’edificio principale della Certosa,  esempio tipico di architettura barocca, con le statue di San Lorenzo, cui è dedicata la Certosa, San Paolo, San Pietro e San Bruno.


La statua dell’Immacolata

Al secondo ordine troviamo i busti dei quattro evangelisti, la Madonna con il Bambino e Sant’Anna con la Vergine Bambina.












Il chiostro della Foresteria, tardomanierista, è composto da un portico con fontana al centro e da un loggiato dal quale si eleva la torre dell'orologio. La loggia è ornata con pitture seicentesche. L’8 gennaio 1498 fu ospitato in questa foresteria il re Federico I d’Aragona che venne qui per ringraziare il priore per i viveri ricevuti un mese prima in occasione all’assedio del castello di Teggiano. Gli ambienti del piano superiore sono finemente decorati, destinati ad ospiti di riguardo.


La Chiesa, a navata unica con cinque cappelle sul lato destro è divisa in due zone da una parete. Due sono anche i cori. L'altare maggiore, in scagliola e madreperla, viene attribuito a G. D. Vinaccia (XVII sec ca.). La Chiesa è decorata con stucchi dorati di gusto settecentesco che vanno a sovrapporsi ad una struttura sicuramente trecentesca.

 

La volta a crociera è dipinta con scene del Vecchio testamento. La statua di San Lorenzo.










Il Coro dei Conversi

 

La struttura dei cori è in legno di noce, mentre per le tarsie sono state utilizzate essenze naturali di vari tipi di legno. I lavori per la loro realizzazione iniziarono nel 1503 e terminarono nel 1507. Peer rendere agevole la permanenza dei monaci che trascorrevano molto tempo in chiesa per pregare e cantare tutti insieme, gli stalli vennero dotati di accessori come misericordie e sputacchiere, quest’ultime utilizzate da quei monaci affetti da malattie bronchiali dovute al freddo e all’umidità.


Degno di nota è il pavimento, che risulta chiaro se visto in posizione perpendicolare.


La Sala delle Campane

 

Dai fori presenti nella volta scendevano le corde delle campane, suonate due volte durante il giorno per la messa conventuale ed i vespri, ed una durante la notte per il mattutino e le lodi. Ma durante la settimana santa le campane venivano legate e a pronunciare le funzioni liturgiche era il suono cupo, luttuoso, della traccola.


La tavola del sacrista.

 

Il sacrista era una sorta di caposervizio che sulla sua tavola distribuiva tutti gli incarichi. E’ riportato l’ultimo ordine del giorno prima che il monastero venisse abbandonato definitivamente dai monaci nel 1866.




 

Il Chiostro dei Procuratori


La Sala del Capitolo

 

Dopo la chiesa è il luogo più importante della Casa certosina. In questa sla si svolgevano gli atti giuridici più importanti  riguardanti la vita e il governo della comunità religiosa, come l’elezione del Priore.










Il chiostro del cimitero antico

 

La superficie totale del cimitero è ridotta perché la sepoltura avvenendo senza bara permetteva una decomposizione rapida della salma. Pertanto la successiva sepoltura poteva prendere posto dopo pochi anni nello spazio utilizzato già precedentemente. Riposavano sotto una croce di legno senza nome e data. Per i certosini il giorno della morte è il dies natalis.



La Cappella del Fondatore

La cappella del fondatore  di questa Certosa: Tommaso II Sanseverino. Qui il fondatore viene raffigurato nelle vesti di un guerriero dormiente.




La Cucina

Le maioliche vennero utilizzate solo per motivi igienici in quanto la loro natura le rendeva facilmente lavabili per cui ben si prestavano al luogo.

Il vitto abituale dei monaci era costituito dal pesce., lavorato sul tavolo dedicato caratterizzato da una leggera inclinazione e da un bordo  che faceva si che le viscere, le squame e la pelle venissero spinte facilmente in un raccoglitore e che l’acqua defluisse direttamente nella fogna senza invadere il pavimento.

 

La carne che secondo Gesù è impura, origine del male e della mortalità, veniva preparata invece per gli ospiti.







Affresco che si trova in cucina raffigurante la deposizione. Si noti la presenza dei monaci.

 

Gli storici pensano che un tempo questa sala fosse quella del capitolo, stante il tipo di affresco che non si addice ad una stanza adibita a cucina.



Refettorio


Affresco del pittore napoletano  Francesco d’Elia rappresenta il miracolo della trasformazione dell’acqua in vino, e con i suoi personaggi raffiguranti in abiti settecenteschi. Opera del 1749.


Il pulpito

Nel refettorio vigeva la regola del silenzio interrotta solo dalla recita di una predica.

 

Il pulpito è in pietra di Padula ornato di pregevoli commessi marmorei. E’ sorretto dall’acquila reale, che riesce a volare più in alto e quindi ad avvicinarsi e a guardare il sole. Chiaro riferimento a San Giovanni Evangelista, tanto adorato dai monaci angeli, l’unico apostolo che sia riuscito a fissare lo sguardo di Dio. Tale manufatto venne comprato a Napoli e via mare fino al golfo di Policastro e poi trasportato con i carri in certosa. Per la sua messa in opera occorsero sette mesi di lavoro.





Chiostro Grande

Con i suoi 15.000 metri quadrati è uno dei più grandi dell’Europa. L’intera struttura, fulcro della vita dei Padri e zona riservata alla più stretta clausura, venne iniziata nel 1583 e con varie interruzioni venne conclusa nel 1780 con l’esecuzione del secondo piano. Il secondo piano non è occupato da stanze o alloggiamenti, ma unicamente da un corridoio finestrato, dove, di solito nella giornata di lunedì, i monaci potevano interrompere la clausura, passeggiare e pregare insieme, per quattro ore. Facevano il cosidetto spaziamento, cioè una passeggiata in comune, quando le condizioni metereologiche non consentivano loro di uscire fuori dalle mura della clausura.




Questa balaustra in pietra di Padula, sormontata da teschi, racchiude il cimitero nuovo.


La Fontana del Chiostro Grande





La Scala Elicoidale

 

E’ tra le opere architettoniche più interessanti dell’intero monumento. Simbolo dell’ascesa al sapere è costituita da 38 gradini monolitici, aperti a ventaglio, e raccordati, senza uso di calce, unicamente da un cordolo ricavato negli stessi gradini, porta nell’antisala della biblioteca. L’assenza della colonna centrale e il fatto che i gradini poggiano pochi centimetri nella parete laterale rendono un’opera in pietra di alta ingegneria ed i frammenti fossili presenti nella pietra calcarea donano alla scala un ulteriore fascino.