Da Piazza della Loggia alla chiesa dei Santi Faustino e Giovita


Lasciando Piazza della Loggia si imbocca Corso Mameli.


Palazzo delle Mercanzie

All’inizio della via incontriamo questo palazzo.

Il nucleo originario del palazzo è del XII secolo. Verrà ampliato, all’inizio del cinquecento, per diventare l'Università dei mercanti, sede delle corporazioni delle arti e dei mestieri.

La localizzazione della sede dell'Università non fu casuale: avvenne in questo quartiere in cui si addensavano botteghe, negozi e laboratori.

 

L'istituzione rimane attiva fino al 1802 quando, per la sua impronta antiliberistica, viene abolita dalla Repubblica bresciana e sostituita dalla Camera di Commercio e Industria, che ne eredita le funzioni, eccetto il potere giudiziario. Nei decenni successivi vi trova sede la facoltà di Economia e Commercio dell'Università degli Studi di Brescia, sostituita poi dalla Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali di Brescia.






Mostasù della Cassere

Questa scultura si trova murata all'angolo tra corso Goffredo Mameli e contrada delle Cossere, dalla quale trae il nome.

 

Non sono note le reali origini della scultura, né la reale provenienza, né le vicende che l'hanno interessata nei secoli.



La Pallata

 

La Torre della Pallata è collocata all’incrocio tra gli odierni Corso Mameli, Corso Garibaldi e via della Pace. La torre venne costruita nel 1248 utilizzando resti di edifici romani lungo le preesistenti mura medievali, a difesa della porta detta di San Giovanni.

Di notevoli dimensioni, 31 metri di altezza per una pianta quadrata di 10,6 metri, costruita in mattoni, di origine medioevale, assolse nei secoli diversi scopi, da deposito del tesoro comunale (tesoro che venne prelevato dai francesi nel 1512 durante il famoso Sacco di Brescia), a magazzino annonario fino a prigione.

 L’area campanaria venne aggiunta nel Quattrocento, mentre nel Cinquecento venne incastonata nel suo basamento la fontana su via Pace, eseguita nel 1596 da Antonio Carra su disegno dal bresciano Pietro Maria Bagnatore. L’Architetto rappresentò un complesso scenografico ricco di simbolismi e riferimenti mitologici: Brescia, rappresentata in veste di Pallade, sovrasta e corona l’insieme, allusivamente ispirato alla ricchezza in acque del territorio bresciano. Per alcuni autori infatti, le due figure sdraiate, personificano i fiumi Garza e Mella, per altri i laghi di Garda e di Iseo.


 

 

Questa figura femminile, che veste un’armatrura, tiene tra le mani una cornucopia traboccante di frutti, simbolo di abbondanza, che vuole rimarcare la ricchezza del territorio e l’operosità dei suoi abitanti.

 

 

La fontana della Pallata o fontana dei fiumi.

Qui è presente lo stemma di Brescia: il Leone Rampante.

 

Le due figure maschili sdraiate incarnano delle divinità fluviali.


 

La torre della Pallata sovente venne coinvolta negli avvenimenti cittadini. Da qui, tra i festeggiamenti del giorno dell’Assunta, dopo i riti sacri della sontuosissima festività, partiva una curiosa gara: quella  delle prostitute. Queste, per vincere quattro braccia di preziosissimo panno celeste, con il quale potersi fare abiti sontuosi tali da potersi riscattare, correvano da qui fino alla porta bruciata. Durante il loro tragitto erano ostacolate dalla folla  eccitata in possesso dei sacchi di farina che versavano sulle concorrenti.

 

Questa corsa rimase un appuntamento immancabile per molto tempo fino al 1433, quando i rettori veneti, accogliendo le insistenti lamentele del clero cittadino, cancellarono questa gara ritenuta scandalosa e abominevole che macchiava il giorno della Vergine Maria Assunta.


Fontana di San Giovanni

Ritornando sul corso Mameli e imboccando la contrada di San Giovanni Evangelista troviamo questa fontana: la fontana di S. Giovanni che oggi possiamo vedere qui collocata. Questa ha preso il posto di un'altra fontana, molto più antica, che con il tempo si era molto degradata. Lo si può arguire leggendo l’iscrizione che compare sull’attuale fontana, ancora ben visibile:  "iniuria temporum squallens". La nuova fontana risale al 1826 e rientra nell'ampio piano di revisione urbanistica, iniziato durante l'amministrazione francese e proseguito, dopo il 1814, dal governo austriaco. Lo stile è quello neoclassico che caratterizza questo periodo della storia urbanistica di Brescia e che ha l'eleganza delle protomi alate e delle ghirlande di fiori e frutta. Per realizzarla è stato impiegato marmo di Botticino, un materiale che notoriamente è molto resistente anche quando è all’esterno e subisce l’aggressione degli agenti atmosferici.


Chiesa di San Giovanni Evangelista

Chiesa di San Giovanni Evangelista

Chiostro
Chiostro

Palazzo Caprioli

 

 

Continuando sulla contrada di San Giovanni Evangelista si arriva a Via Caprioli al termine della quale, che fa angolo con la via delle Grazie, troviamo il Palazzo Caprioli.

 

Il palazzo, di origine cinquecentesca, si estende su due piani, con porticato al piano terra. Fu in possesso della nobile famiglia Caprioli, insediatasi a Carpenedolo dal 1440 come magistrati. Ultimo della famiglia a possedere l'immobile fu il conte Giampaolo, vissuto nella metà del XVI secolo.


Basilica e Santuario di Santa Maria delle Grazie

Nella via delle Grazie troviamo la chiesa omonima:

 

Basilica e Santuario di Santa Maria delle Grazie

Il Santuario


Monastero di Santa Caterina

 

 

Da Via delle Grazie salendo verso il centro cittadino si incontra via Santa Caterina. Qui troviamo i resti del Monastero di Santa Caterina.

Nel convento domenicano di S. Caterina che ospitava un'ottantina di monache, nel 1682 erano stati denunciati gravi episodi di rilassatezza morale e scandali a sfondo sessuale in cui risultavano implicati converse e alcuni giovani della nobiltà cittadina. Il processo, che ebbe larga risonanza pubblica, si concluse nell'agosto con la sentenza, emessa dal Consiglio dei dieci, di bando perpetuo e confisca dei beni per 13 imputati, mentre il vescovo Gradenigo condannò 10 monache a pene da un anno alla reclusione a vita in apposite celle del monastero. Dal settembre, per volere del papa Innocenzo XI, l'istituto fu posto sotto la diretta giurisdizione del vescovo Gradenigo che si prodigò per un suo rapido e totale recupero.

Vediamo ora cosa scrive in proposito Giov. Battista Ussoli – Bianchi nei suoi diari:

In quest'anno (1682) si scopre che il convento di S. Catterina, antico, con 80 monache in circa in esso, essere da qualche tempo denigrato nell'onore per fama di bordello, per il qual effetto è venuto un Avogador (Magistrato veneto addetto ai processi penali e civili) da Venezia a formar processo con rito, sono però le cose segrete, ma si teme un gran disordine. Adì 24 Agosto: questa mattina vengono con pena capitale banditi li Meneghini et per eccessi commessi con le Monache di S. Catterina, con taglie di tre et anco quattro milia ducati fori del Stato, e mille o doi mille nel Stato, con confiscatione di beni, privatione di Nobiltà, et altre rigorosissime conditioni. Essi sono in n. di 13 circa, con tre Relligiosi, con che siino decapitati, venendo presi, e poi abbruggiati e fatti in cenere. Tre serve di Monache ut supra. Al Conte Tomaso e Paolo Caprioli, compresi in detti, sia spianato in parte sua il logo, isolando il Monastero, e piantandovi una Colonna di perpetua infamia (nota: I dolorosi fatti avvenuti nel monastero delle Domenicane di S. Catterina, specialmente per opera dei due conti Tommaso e Paolo Caprioli. E' il triste «caso» della Colonna infame bresciana, che non è stato però studiato finora nè profondamente nè serenamente in rapporto all'ambiente sociale e alle responsabilità relative. Molti altri documenti, non acquisiti all'incartamento del processo, attendono di essere vagliati per dare ali 'episodio tristissimo di cognizione e di prepotenza le sue giuste proporzioni e il suo vero valore storico, senza intemperanze di apologia o di denigrazione. - PAOLO GUERINI – Le cronache bresciane inedite dei secoli XV-XIX -Volume quinto pag. 34 e segg.)

 


Chiesa di Santa Maria del Carmine

Al termine della via di Santa Caterina, prendendo via Marsala si arriva a contrada del Carmine, al termine della quale, verso il centro cittadino, troviamo la chiesa omonima:

 

Chiesa di Santa Maria del Carmine


 

 

 

 

Questa è la vecchia fontana, posta vicino alla Chiesa, dove una volta si faceva il bucato.


Contrada del Carmine

In questa lunga passeggiata siamo entrati nel quartiere del Carmine dove nel tempo artigiani, mercanti, frati, ladri e prostitute hanno fatto la lunga storia di un ricco quartiere artigianale che si trasformò poi in ghetto.

Qui le strade hanno coperto un'intricata rete di canali a cielo aperto e dove domina un'edilizia popolare, risalente al tardo medioevo, in cui si scorgono ancora tutti gli elementi strumentali alla produttività artigianale e del commercio.

Le mura e le porte, che per secoli si sono chiuse al tramonto per riaprire solo all’alba, proteggevano in quest'area opifici e mulini funzionanti grazie alla forza delle ruote idrauliche e in cui abili artigiani producevano pregiati tessuti di lana e seta, armi e oggetti di oreficeria finemente cesellati. I mercanti poi, uscendo da Porta S. Giovanni, li esportavano in città e paesi più o meno lontani.

Entrare nel quartiere del Carmine significa seguire le tracce di una lunga epoca storica iniziata nel Medioevo, quando qui si sviluppò la città degli artigiani e dei mercanti e, tra fucine e mulini, si eressero la pesa pubblica e il Palazzo della Mercanzia, destinato a governare la nuova ricca comunità organizzata in corporazioni.

Qui si insediarono gli ordini mendicanti chiamati alla “cura d’anime” del quartiere denso di nuovi cittadini e che diedero vita ad alcuni fra i complessi monumentali architettonicamente e artisticamente più ricchi del nucleo urbano. Qui vennero chiamati a contribuire all’abbellimento di un quartiere popolare alcuni tra i più grandi artisti della storia dell’arte bresciana: Foppa, Moretto, Romanino.

Una città dentro la città, nata e cresciuta grazie all’acqua che oggi scorre nascosta ma che ha lasciato segni indelebili nell'impianto urbano, nella storia, nell’arte, nella società.

Poi l’inizio del degrado, la lenta e inesorabile formazione del ghetto. Nell’Ottocento a caratterizzare il quartiere erano ormai l’indigenza, la sporcizia, la malattia, la microcriminalità, le bettole e la prostituzione.

Complice (se non attore principale) del veloce percorso di depauperamento delle attività economiche e di ghettizzazione degli abitanti, fu la scellerata politica del potere locale che puntò a relegare la parte "inguardabile" dei suoi cittadini in un'area ben definita e nascosta allo sguardo dei bresciani benpensanti e dei turisti.

Oggi questo quartiere è stato scelto come sede prediletta da street artists e writers che fanno parlare le facciate degli edifici, da nuovi piccoli artigiani e dalla movida bresciana ormai famosa anche nelle città vicine. La sera su vicoli e piazzette si aprono i locali e il quartiere si anima di musica, di chiacchiere e di sani bicchieri di pirlo o di ottimo vino.

La Contrada del Carmine, da sempre sede di soldati e polizia, è delimitata a nord da via Porta Pile, ad ovest da via delle Battaglie, a sud da Corso Mameli e a nord da via S. Faustino. 


 

 

Al termine della contrada del Carmine ci si immette in Via San Faustino ove si trova la chiesa di San Faustino e Giovita patroni di Brescia.

Quadro che illustra la battaglia dei bresciani contro Piccinino con la comparsa dei ss. Faustino e Giovita
Quadro che illustra la battaglia dei bresciani contro Piccinino con la comparsa dei ss. Faustino e Giovita