Duomo Vecchio


Il Duomo Vecchio di Brescia è uno dei monumenti più significativi della città ed uno dei degli edifici di maggiore rilievo dell'architettura romanica lombarda. Architettonicamente si caratterizza infatti come uno dei più importanti esempi di edifici a pianta circolare, le cosiddette rotonde. Due corpi cilindrici concentrici sovrapposti costituiscono la struttura principale, definita da conci ben squadrati. La parte inferiore è anche quella di maggiore diametro: qui si aprono una serie di coppie di finestre arcuate e il portale principale. Nel tamburo superiore si aprono finestre del tutto simili a quelle sottostanti ed a quelle che si trovano poco sopra, con cornice a tripla strombatura, intervallate da una serie di lesene che reggono il sottogronda ad archetti pensili. Particolarmente suggestivo l'interno, con vano centrale costituito da otto pilastri che reggono archi ellittici sopra i quali si aprono le finestre arcuate e si imposta la cupola priva di decorazioni. L'ambulacro circolare è diviso in sedici campate coperte a crociera e a botte: nella parte orientale si aprono il presbiterio e le cappelle delle Sante Croci e del SS. Sacramento. La cripta è la parte più antica, con cinque navate, le tre centrali terminanti ad abside sono coperte a crociera, mentre le due laterali sono coperte a botte. Le colonne e i capitelli sono tutti di recupero. All'interno della cattedrale sono conservate importanti opere d'arte, come il prezioso sarcofago di Berardo Maggi in marmo rosso di Verona e un ciclo di tele del Moretto e del Romanino, oltre ad opere di Grazio Cossali, Antonio Gandino e Francesco Maffei.


Il Duomo Vecchio è stato realizzato nel XII secolo sui resti di una basilica del VI secolo alla quale viene aggiunta, tra l'VIII e il IX secolo, la cripta dedicata a S. Filastrio. L'area presbiteriale è stata ampliata nel XIII secolo per volontà del vescovo Bernardo Maggi. Nel XV secolo vengono effettuati lavori più consistenti su progetto dell'architetto Bernardino da Martinengo, che nel 1490 amplia la cappella maggiore e nel 1495 quella delle Sante Croci. Notevole l'intervento di grandi artisti, come Gasparo da Cairano per le parti scultoree e Vincenzo Civerchio per le decorazioni a fresco. A partire dal 1512, poco dopo gli eventi drammatici del Sacco di Brescia, il comune decide di investire sulla decorazione della cattedrale di S. Maria Assunta per la rinascita della città. Floriano Ferramola e Alessandro Bonvicino, detto il Moretto, nel 1518 realizzano le ante dell'organo, poi sostituite con quelle di Romanino, in seguito al montaggio del grande organo Antegnati. Giovan Maria Piantavigna, nel 1571, inizierà la ristrutturazione secondo i dettami controriformistici con l'apertura dell'accesso sopraelevato, attualmente in uso, e la sistemazione della cappella delle Sante Croci e della cappella del SS. Sacramento. Nel XVIII secolo e per buona parte del XIX secolo non vi sono interventi di rilievo; solo alla fine dell'Ottocento imponenti lavori di restauro, realizzati dall'architetto bresciano Luigi Arcioni, interessano l'intero complesso, portando alla luce le antiche strutture medievali.


 

 

Questa targa  riguarda  Niccolò Fontana, un ragazzo che rifugiatosi per fuggire ai soldati nel Duomo Vecchio, venne colpito da questi al capo e al volto, tanto da non poter più parlare ma solo balbettare. Per questo motivo egli, che doveva diventare sommo matematico, fu chiamato Niccolò Tartaglia e con tale soprannome passò alla storia.


Visione della platea di Santa Maria

L'interno della rotonda si distribuisce su due livelli pavimentali: quello del nucleo centrale (diametro: m 19,60) e quello dell'ambulacro, più alto di metri 1,75. L'ambulacro, largo metri 5,50, rappresenta dunque una sorta di "matroneo", anche se in verità non è affatto articolato su due piani, come avviene di frequente nelle aule di culto centralizzate medievali, anche di dimensioni assai minori. Si accede al livello basso tramite un singolare corridoio voltato a botte lungo 27 metri, secante la zona occidentale della rotonda, che è dotato di due portali alle estremità e, verso il centro, di una volta a crociera e di un breve tratto che immette nel nucleo centrale. Il corridoio è ricavato nella zona di muratura compatta che costituiva il basamento della torre. Nucleo centrale e ambulacro sono divisi da sei pilastri trapezoidali (ampiamente rifatti nei restauri di fine Ottocento) e due blocchi murari (verso la torre), che reggono alte arcate (più alta quella verso il presbiterio). L'arcata ovest, sopra l'ingresso medievale e corrispondente all'ingresso attuale, è stata rifatta in età moderna, ma era già concepita come affaccio di loggia della torre. Gli accessi a tale "loggia" erano due scale simmetriche poste nell'ambulacro, che conducevano a due ammezzati (alla stessa quota della loggia), dai quali scale ulteriori portavano al secondo piano della torre. Al capo opposto, davanti al presbiterio, due gradinate laterali salgono dal piano basso al piano dell'ambulacro, mentre una scala centrale porta al presbiterio rialzato. Il nucleo centrale è coperto da una monumentale cupola rialzata, che è stata giudicata "la più grande cupola medievale conservatasi dopo quella del battistero di Firenze" (Autenrieth 1981). Le volte a crociera dell'ambulacro, alternate a spicchi triangolari a botte, denunciano inequivocabilmente il rimando alla Cappella palatina di Aquisgrana (piano alto), che in effetti provocò numerose "copie" fino al XII secolo. Che questo sia davvero il referente tipologico della rotonda (che pure non è una "copia letterale") è confermato dalla presenza della torre occidentale, e ora anche dalla restituzione del presbiterio, che evoca le due "basilichette" già esistenti di fianco alla Cappella di Aquisgrana. E lo dimostra anche il fatto che il "classico" titolo di S(ancta) Maria rotunda si trovi a definire la chiesa ancora nel 1456.

 

 

 






Visitiamo ora l'interno del Duomo percorrendo il porticato destro.


 Il grande sarcofago in marmo rosso di Verona dove è sepolto Berardo Maggivescovo e primo signore di Brescia.


 

 

 

 

 

Un particolare della arcata interna della struttura, posta a destra entrando.




 Sotto la rampa di scale che anticamente portava al campanile, è posta una lastra marmorea del duecento scolpita a bassorilievo, recante la figura e l'effigie di Sant'Apollonio. La figura è posta entro un contesto architettonico di colonne e archi e, molto probabilmente, faceva parte di un'opera maggiore, forse un dittico, essendo la colonna scolpita a sinistra troncata a metà..






Ambulacro destro e cappella dell’Angelo Custode

Questa cappella è chiusa da un cancello in ferro con bronzi dorati. L'altare della cappella risale al Seicento, è in marmo botticino e breccia rosata ed è caratterizzato da eleganti forme classiche. L'altare è adornato da una tela ottagonale opera di inizio Seicento di Antonio Gandino, raffigurante l'Angelo Custode che indica a un bimbo la via del Cielo.






Tramite le scale costruite dal Piantavigna si scende nell'ambulacro circolare che fa da perimetro esterno alla concattedrale.

Attraverso due cunicoli laterali si scende nella Cripta di San Filastrio.


La cripta risale almeno al VI secolo, cioè quando fu costruita la basilica, ma non ha mantenuto l'originale assetto, rivisto forse nell'VIII secolo. La cripta è denominata "di San Filastro" poiché, il 9 aprile 838, il vescovo San Ramperto collocò qui le reliquie del santo vescovo bresciano vissuto nel IV secolo, traslandole dalla Basilica di Sant'Andrea, prima cattedrale di Brescia e già distrutta a quel tempo. 

Questa faceva parte della precedente Basilica di Santa Maria Maggiore de Dom e, in quanto tale, è il luogo più antico a noi giunto riguardante la cristianità bresciana[4]. La cripta è composta da tre navate da quattro campate ciascuna, separate da due colonnati e coperte da una serie di volte a crociera. Il colonnato, sotto forma di lesene, ricorre anche lungo le pareti, dove sostiene l'imposta delle volte. Le tre navate sono concluse, sul fondo, da tre absidi, mentre nicchie rettangolari e rientranze nei muri movimentano i muri laterali, soprattutto nella zona d'ingresso, dove arrivano le due scale provenienti dal presbiterio.





Risalendo le scale si arriva alla Platea di Santa Maria e da qui Saliti i gradini del presbiterio si arriva nel transetto, prolungato su entrambi i lati. Sulla destra dipinto eseguito nel 1656 dal vicentino Francesco Maffeis, raffigurante la Traslazione dei corpi dei vescovi DominatorePaolo e Atanasio.



Sulla testata di fondo del lato destro del transetto si trova un altare di legno dorato dalle esuberati forme barocche, probabilmente realizzato alla fine del seicento.


La Cappella del Santissimo Sacramento

La costruzione della cappella risale al 1572 ed era inizialmente dedicata a Santa Giustina di Padova, poiché nel giorno a lei dedicato era stata vinta, pochi mesi prima, la Battaglia di Lepanto. Con la demolizione della Basilica di San Pietro del Dom che avvenne circa trent'anni dopo, tutte le tele presenti nella cappella del Santissimo Sacramento di quella chiesa furono trasferite qui e il titolo della cappella fu cambiato. Le tele erano state commissionate verso la metà del cinquecento al Romanino e al Moretto per decorarne le pareti. Attualmente, quelle del Moretto sono ancora presenti nella cappella, mentre le due del Romanino sono provvisoriamente poste nell'abside della concattedrale, ai lati della pala centrale. Un'ultima tela del Moretto, facente parte del medesimo ciclo, si trova sulla testata sinistra del transetto.

La struttura della cappella, a pianta quadrata con una piccola cupola di copertura.

La pala d'altare presenta un Cristo flagellato, affresco del tardo quattrocento attribuito a Paolo Caylina il Vecchio.

Ai lati della pala due dipinti del Moretto: l'Evangelista Marco e l'Evangelista Luca.






Dipinto del Moretto - Elia confortato dall'Angelo


Dipinto del Moretto - Convitto dell'agnello pasquale



 

 

 

Raccolta della manna

quadro di Gerolamo Romanino


Acqua zampillata della roccia

quadro di Gerolamo Romanino



Presbiterio

Al centro del presbiterio si trova il grande altare Maggiore in marmo rosso di Verona, costruito forse al tempo di Berardo Maggi, pertanto alla fine del duecento, ma consacrato solo nel 1342. Al di sopra, come ultimo sfondo di tutta la concattedrale, campeggia l'enorme Assunzione della Vergine, dipinta dal Moretto tra il 1524 e il 1526 e racchiusa entro un'elegante cornice in legno dorato, opera di arte rinascimentale. La tela, dalle raffinate cromie di gusto veneziano, è da considerarsi il vertice della produzione giovanile del pittore.

Sotto la grande pala è posto un busto marmoreo raffigurante Papa Alessandro VIII, che fu cardinale a Brescia dal 1664 al 1674, opera di Orazio Marinali del 1690.

L'odierno presbiterio è il risultato di ben due ampliamenti: il primo consiste dalla grande volta a crociera affrescata che costituisce oggi il centro del transetto, mentre il secondo consiste nel coro che procede lungo l'asse centrale dell'edificio, concluso dall'abside di fondo. Il primo è opera della ricostruzione operata nella seconda metà del Duecento per volontà di Berardo Maggi, mentre il secondo fa parte del più esteso ampliamento di fine Quattrocento.



 

 

Il quadro sopra la cantoria affigurante la Cena in casa del fariseo, poco visibile a causa del cattivo stato di conservazione.


L'Organo a canne

Di grande importanza storica è questo organo dei fatelli Serassi  costruito in due fasi nel 11824/1826 e 1829/1832 reimpiegando integralmente il materiale fonico e la cassa del precedente strumento, opera di Giovan Giacomo Antegnati del 1536

L'organo possedeva due ante dipinte dal Romanino con le storie della Vergine, conservate nel Duomo Nuovo.


Il restauro dell’organo Antegnati-Serassi, nel Duomo Vecchio di Brescia, è stato completato dalla ditta Mazzoni di Azzio (Varese) ed ora lo possiamo ammirare. Questo organo venne commissionato nel 1536 a Gian Giacomo Antegnati, della famosa famiglia di organari, e poi restaurato nel 1823 dai Fratelli Serassi, riutilizzando per contratto l’intero materiale fonico originale.


Le ante dell’organo dipinte dal Romanino nel 1539.


La Visitazione


La Natività





Parte sinistra del transetto

Cappella delle Sante Croci

La cappella, costruita nel 1495 da Bernardino da Martinengo al posto della vecchia sacrestia della concattedrale, deve l'aspetto attuale ai lavori di ristrutturazione effettuati nel 1596: in quell'anno, il decoratore Andrea Colomba opera gli stucchi della cupola. Nel 1605 si decide di completare il lavoro commissionando a vari autori un ciclo di cinque tele da appendere alle pareti, delle quali solo due vengono realizzate. Quella a sinistra è l'Apparizione della Croce a Costantino, dipinta da Grazio Cossali nel 1606, mentre quella a destra raffigura la Donazione di Namo di Baviera, realizzata da Antonio Gandino nello stesso periodo. La balaustra e l'altare in marmi pregiati, decorati con putti in marmo botticino, sono opera dello scultore Carlo Carra. La cappella contiene il tesoro delle Sante Croci, custodito nel cassone in ferro dorato visibile sulla sommità dell'altare. Ne fanno parte:

* Un reliquario, capolavoro di oreficeria rinascimentale, costituito da un elegante basamento ottagonale in oro realizzato nel 1478 da Bernardino delle Croci e da una teca formata da due cristalli di quarzo incorniciati in oro che racchiude una croce di 20 cm circa realizzata col legno della croce su cui fu crocifisso Gesù, opera di Giovanni Maria Mondella del 1533. È una croce a doppia traversa, quindi legata alla tradizione bizantina.

 *Una stauroteca in legno ricoperta di lamine d’argento lavorate a sbalzo di maestranze orafe bizantineggianti della seconda metà del secolo XI (Stauro significa croce, quindi contenitore della croce, cioè la croce che attualmente è montata sul reliquario).

*La Croce del Campo o dell’Orifiamma, prezioso manufatto lombardo in lamina d’argento sbalzata, che, come vuole la tradizione, veniva issata sul Carroccio al tempo delle lotte comunali.

Il tesoro è amministrato e salvaguardato dalla storica compagnia dei Custodi delle Sante Croci, fondata nel 1520.

 

Il reliquario viene esposto pubblicamente, in genere, due volte all’anno: l’ultimo venerdì di marzo e il 14 settembre, festa dell’esaltazione della Croce


 

 

Stendardo dell'Orifiamma, il vessillo comunale che veniva issato sul carroccio al di sotto della Croce del Campo.




 

 

 

 

Apparizione della croce a Costantino (Grazio Cossali)


 

 

 

 

Donazione di Namo di Baviera (Antonio Gandino)





A seguito della nascita del tesoro delle sante croci si è poi formata nel Cinquecento la Compagnia dei Custodi delle sante croci, in origine con l’obiettivo di difendere il tesoro, oggi con scopi di promulgazione. Il tesoro viene esposto solo durante la settimana santa La vera croce con il reliquario è visibile nel dipinto “Lo stendardo delle sante croci” realizzato dal Moretto il cui originale è in pinacoteca, ma una copia si trova fuori della cappella delle sante croci. Il dipinto su tela veniva utilizzato come stendardo, cioè come elemento processionale, quando le sante croci per eventi particolarmente gravi venivano fatte sfilare in città (per guerre, pesti, eccetera) per riuscire ad ottenere il miglioramento della situazione.


Quadro del Moretto che si trova nella pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia


 

 

Difronte alla cappella delle Sante Croci, ospita incastonato nella parete il monumento funebre di Domenico de Domicini, che resse la diocesi cittadina fra il 1464 e il 1478.


Re Mechisedec offre pane e vino ad Abramo

quadro del Moretto e con l'apporto dell'allievo Luca Mombello.


 

In cima ai gradini che salgono al presbiterio, è visibile un mosaico databile al VI secolo che reca la scritta dedicatoria di un diacono di nome Siro il quale, a quanto pare, aveva offerto le decorazioni a mosaico della basilica.