Parma - Il Complesso della Pilotta


La Pilotta, così chiamata dal gioco della “pelota”, praticato nei suoi ampi cortili, fu iniziata prima del 1583 con la costruzione di un lungo Corridoio, che collegava i palazzi della corte, ubicati nei pressi dell’attuale via Garibaldi e la residenza estiva del duca situata nel parco dell’Oltretorrente.

Il grosso dei lavori fu però effettuato a partire dal 1602 per volontà del duca Ranuccio I Farnese; sotto la direzione dell’architetto Simone Moschino attorno al Corridore fu innalzata una serie di costruzioni, impostate intorno a tre grandi cortili, poi denominati del Guazzatoio, della Pilotta e della Rocchetta.

Il Palazzo, mai utilizzato come residenza ducale, divenne un’imponente sede dei servizi che gravitavano intorno alla corte; conteneva la scuderia, la caserma, i magazzini, i locali dell’Archivio segreto e del Tesoro, ed una grande sala d’armi poi trasformata in teatro. Vi si accedeva tramite un monumentale scalone a forbice, primo esempio in Italia di scalone a tre rampe, coperto da cupola ottagonale.

Nel 1611 i lavori si fermarono; la prevista facciata principale, che doveva guardare verso la Ghiaia, rimase allo stato di progetto e il Palazzo della Pilotta non subì più interventi significativi nella struttura esterna.

Nella seconda metà del Settecento, sotto il governo dei Borbone, il palazzo modificò la sua funzione, e divenne sede delle istituzioni culturali del Ducato, ospitando i neonati Museo di Antichità, Biblioteca Palatina,  Pinacoteca e Accademia di Pittura, Scultura e Architettura.

Un nuovo corpo di fabbrica, destinato alla Biblioteca, venne poi aggiunto sul lato sud sotto il ducato di Maria Luigia, ma la maggior parte degli interventi riguardarono gli interni.

 

Nel maggio 1944 un bombardamento aereo distrusse gran parte delle ali sud e ovest della Pilotta, ricostruite poi alla fine del conflitto mondiale, ma la demolizione della chiesa di San Pietro Martire (1813) e delle residenze ducali contribuirono a dare al complesso monumentale quell’immagine di incompiutezza che ancor oggi si percepisce.



Galleria Petitot


Con il soffitto dipinto a cassettoni e rosoni a chiaroscuro, la Galleria Petitot prende il nome dall’architetto francese Ennemond Alexandre Petitot, cui si devono i disegni degli scaffali di noce, poi realizzati dal Drugmann, che corrono lungo le pareti, di sagoma architettonica, con fiancate e lesene scolpite artisticamente a festoni cascanti di foglie e di bacche di alloro, sormontati da anfore settecentesche.






Sala del Trionfo

Protagonista di questa sala è lo splendido Trionfo da Tavola dello scultore catalano Damià Campeny caratterizzato da elementi allegorici che rappresentano lo scorrere del tempo e il ciclo della natura. Realizzato nel 1803, è realizzato con marmi, pietre dure e bronzi dorati.

 Questo apparato decorativo dialoga con i severi armadi farnesiani, le consolles dorate dell’architetto Ennemond-Alexandre Petitot e gli affreschi dei maestri attivi a Parma dal XVI al XVIII secolo. Gli accostamenti rievocano il fascino degli ambienti di corte, caratterizzati dalla convivenza dialettica delle diverse arti, in sintonia con il gusto europeo.



Danza femminile davanti al simulacro della Vittoria


Angelo con ghirlanda di fiori




Galleria Nazionale

A metà del XVII secolo la celebre Collezione Farnese venne trasportata da Roma a Parma, facendone una delle capitali culturali dell’Europa del tempo. Tale privilegio non durò a lungo e nel 1734 l’intera raccolta venne trasferita a Napoli da Carlo di Borbone, che lasciò disadorne tutte le residenze del ducato. Sarà l’arrivo, nel 1748, del duca Filippo di Borbone, e della moglie Luisa Elisabetta di Francia, figlia di Luigi XV, a risarcire la città. Le collezioni della Galleria Nazionale di Parma traggono origine dalla Ducale Accademia di Belle Arti, istituita nel 1752 dal duca don Filippo di Borbone (1749-1765) nel Palazzo della Pilotta, con propositi illuministi. La neonata Accademia, con la propria "quadreria" e i reperti provenienti dagli scavi di Veleia, insieme ai saggi accademici degli allievi e ai dipinti vincitori dei famosi concorsi annuali di pittura costituirono il nucleo originario dell'antica Galleria. La trasformazione successiva in una vera e propria istituzione museale pubblica la si deve a Maria Luigia d’Austria duchessa di Parma e Piacenza dal 1816 al 1847 che, agli inizi dell’Ottocento, incaricò l’architetto Nicola Bettoli e il pittore Paolo Toschi di progettare una nuova sistemazione espositiva delle collezioni ducali, collocate negli storici vani dell'Accademia, capace di dare massimo risalto alle grandi pale d’altare di Correggio, rientrate dopo gli espropri napoleonici, accanto ai numerosi dipinti e alle nuove acquisizioni. Nacque così la prima Galleria Ducale, profondamente modernizzata nell’ultimo scorcio del Novecento e oggi fulcro di un alacre lavoro di ampliamento e rimusealizzazione.


Sala n. 1










Sala n. 2











Sala n. 3








Stanza n. 4



Stanza n. 5




Sala n. 6






Stanza n. 7






L'Accademia


I Colossi del Palatino

La coppia spettacolare di Colossi in pietra di basanite del II sec. d. C.fa da cerniera tra la prima parte del Salone e la sua conclusione.

Questi provenivano dalle residenze imperiali del Palatino e portate nel parmense nel 1724, per adornare il giardino della Reggia  di Colorno.

Messi in relazione co0n le coeve committenze farnesiane ed esposti n questa sezione nel 1812, grazie al sapiente progetto architettonico di Nicolò Bettoli, rappresentano la conclusione del percorso della ritrattistica e della codificazione antica  del ritratto ufficiale moderno.




Sala delle Colonne, con sul fondo la nicchia entro cui venne più tardi collocata la statua ritratto di Maria Luigia in veste di Concordia, opera di Antonio Canova.








Ercole che libera Prometeo



 

Enea e Acate parlano con Venere sotto le sembianze di cacciatrice



Maria Luigia d'Austria


Teatro Farnese

Il Teatro Farnese è un ambiente spettacolare che conserva ancor oggi il ricordo della fastosa vita di corte dei Duchi Farnese. Quasi del tutto distrutto dalle bombe del 1944 e ricostruito in epoca moderna, oggi il teatro ci restituisce una delle più straordinarie architetture teatrali del Seicento.