Chiesa di San Giuseppe



In seguito alla grande “spianata” ad opera dei Veneziani ad inizio del XVI secolo, i conventi francescani di San Rocco e Sant’Apollonio, che si trovavano fuori le mura ad est della città, vennero abbattuti ed i frati traslocarono in un nuovo convento che andavano erigendo a nord di Piazza della Loggia. Si trovava nella Curia dei Fabii, una zona considerata malfamata a quel tempo.

La prima pietra fu posta nel 1519 alla presenza di Mattia Ugoni, vicario del vescovo di Brescia. Tra questa data ed il 1541 il convento era quasi completato, mancava il terzo chiostro che verrà terminato nel 1610.

Nel 1810 l’Ordine dei Minori fu abolito ed il complesso passò al Demanio, ma la chiesa rimase aperta al culto fino al 1864, quando in seguito ad un Progetto di legge, San Giuseppe venne inserito nell’elenco di corporazioni religiose da sopprimere. Solo nel 1896 dopo complicate vicende la chiesa torna a disposizione del culto.

Nel 1973 il terzo chiostro passa di proprietà della Diocesi con destinazione museale.

La facciata della chiesa non è del tutto fruibile dalla piccola piazza antistante. Venne progettata in un momento di transizione tra lo stile gotico ed il nuovo linguaggio rinascimentale. Fu poi rimaneggiata nel XVIII secolo. I tre portali sono el 1549. Al di sopra vi è l’ampio rosone. Sulla sommità svettano dei bei pinnacoli a lanterna in cotto, che sono tipici della tradizione gotica lombarda e si ritrovano per esempio nella vicina Chiesa del Carmine.

Il campanile in pietra di medolo risale alla fine del XVI secolo.

La chiesa è incredibilmente ampia, divisa in tre navate ed ospita dieci cappelle per lato, chiuse da cancellate in ferro. L’ultima della navata destra è stata in realtà rimossa per farvi un ingresso laterale. Il presbiterio è molto profondo e sopraelevato, poichè sotto vi passava un vicolo privato, tutt’oggi esistente, ma non più praticabile. La navata centrale è coperta da una volta a botte, mentre quelle laterali da volte a crociera.

 San Giuseppe divenne famosa per essere la chiesa dei Paratici, cioè delle corporazioni di mercanti e artigiani, che lavoravano nel vicino quartiere del Carmine, tra l’attuale Corso Mameli e Porta Pile, allora limite nord della città. Varie corporazioni ottennero nel corso del tempo la dedicazione degli altari al proprio santo patrono ed in alcuni casi anche la possibilità di esser seppelliti di fronte ad esso. È inoltre considerata la principale chiesa cimiteriale di Brescia.



 

All'altare maggiore campeggia la monumentale Pala di San Giuseppe di Giovanni Antonio Cappello, del 1719. Gli stalli del coro, pregevole opera alla certosina di Clemente Zamara, provengono dalla distrutta chiesa di San Rocco sui Ronchi, per la quale furono eseguiti nel 1500.


La Vergine Immacolata con i Santi Giuseppe, Rocco, Francesco e Chiara



Cristo Pantocratore
Cristo Pantocratore

Organo Antegnati
Organo Antegnati

La cripta, intitolata a san Rocco, fu ricavata in seguito alla costruzione del passaggio fra il terzo chiostro e la chiesa. La copertura è bassa, definita da tre arcate, con la navata centrale sostenuta da due colonne. Sui capitelli, di reimpiego, sono applicati gli stemmi gentilizi del vescovo Giovanni Ducco. La cripta è stata completamente affrescata da Sante Cattaneo alla fine del Settecento con affreschi raffiguranti i santi Rocco e Ursicino, compatroni della chiesa. Le decorazioni del soffitto sono invece di Pietro Melchiorre Ferrari, che aveva già eseguito lavori a Brescia, mentre le testine d'angelo e i putti in stucco sulle arcate sono opera della bottega dei Calegari. Sotto la mensa dell'altare, molto semplice, si trova un paliotto rococò in marmo di Botticino datato 1778, entro il quale si conservano le reliquie di sant'Ursicino.




 

 

Sulla navata sinistra, appoggiato alla penultima colonna, si trova un'edicola con un Ecce Homo in legno, opera manieristica come il paliotto secentesco di pietre nere, bianche e rosse.



Sotto l'organo troviamo le cappelle:

a destra:

Cappella del Crocifisso: all'altare presenta un grande crocefisso ligneo, mentre sulla parete destra si trova raffigurato il Beato Francesco d'Aragona, protettore degli studenti. L'alzata per le candele, di epoca neoclassica, è in argento lavorato su fondo di raso rosso.

a sinistra:

Cappella dei santi Francesco e Fermo: la pala è una Madonna col Bambino tra i santi Francesco e Fermo di Oietri degli Orazi ed è databile alla seconda metà del Settecento.


a destra:

Cappella dell'Incoronazione di Maria: la pala è una Incoronazione della Vergine con i Santi Stefano e Lorenzo, opera di Antonio Gandino. La cornice lignea dorata è l'originale, di linea elegante e ornata con colonne tortili. L'altare ha un paliotto manieristico eseguito tra la fine del Cinquecento e l'inizio del Seicento.

 

a sinistra:

Cappella del santo Nome di Gesù: la tela che sormonta l'altare è il Trigramma di Gesù tra i santi Giovanni da Capestrano e Bernardino da Siena, opera di Francesco Bernardi della prima metà del Seicento. L'altare, della stessa epoca, presenta un rifacimento neoclassico nell'alzata delle candele.


a destra:

 

Cappella delle sante Caterina da Bologna e Margherita da Cortona: la cappella ospita un Gesù tra le sante Caterina da Bologna e Margherita da Cortona di Ferdinando del Cairo. Seicentesco è il pregevole altare in marmi policromi.

a sinistra:

Cappella di san Giuseppe: la cappella patronale dei falegnami e degli artigiani in genere ospita una tela del 1580 di Luca Mombello con la Madonna col Bambino tra i santi Sebastiano, Rocco e Giuseppe. La cappella fu investita, nel Cinquecento, ai nobili Ganassoni.


a destra:

 

Cappella dei Santi Pietro Regalato e Pietro d'Alcantara: la pala della cappella raffigura i Santi Pietro Regalato e Pietro d'Alcantara ed è opera di Pietro Scalvini.

 

a sinistra:

Cappella di san Carlo Borromeo: è la cappella patronale dei fruttaroli. La tela del 1751 con i Santi Carlo Borromeo, Michele Arcangelo e Gaetano è di Antonio Dusi. Alle pareti vi sono altri affreschi databili al Settecento.


a destra:

 

Cappella di san Guglielmo: è la cappella patronale dei fornai. All'altare si trova la Pala dei Fornai di Francesco Savanni (1753). Il paliotto dell'altare, di gusto manieristico, è della fine del Cinquecento mentre gli stucchi attorno alla pala sono settecenteschi. Di fronte a questo altare si trova la lapide tombale di Costanzo Antegnati.

a sinistra:

Cappella di sant'Omobono: è la cappella patronale dei sarti. All'altare vi è la tela che lo raffigura, opera di Giacomo Zanetti del 1737. La cappella fu eretta nel 1530 ed era originariamente dedicata a san Francesco. L'altare risale agli anni 1950, quando fu realizzato traducendo in marmo il precedente altare ligneo settecentesco.



 

 

Cappella dei santi Antonio da Padova e Antonio Abate: collocata in testa alla navata, ospita una tela raffigurante i santi titolati attribuita a Palma il Giovane. Pregevole è anche l'altare, datato 1630. L'alzata per le candele è un lavoro di grande maestria tecnica, attribuibile alla bottega dei Corbarelli. Al di sopra si eleva una piccola tribuna con quattro colonnine slanciate e tre piccole nicchie in marmo nero, entro le quali è dipinta a olio una Annunciazione. Davanti all'altare si trova la tomba del vescovo Mattia Ugoni, cui un tempo era dedicata la cappella.


a sinistra:

 

Cappella Avogadro: cappella gentilizia degli Avogadro dal 1531, ne rimane memoria nel monumento funebre di Matteo Avogadro che campeggia sopra l'arcata, databile al 1547, anno della sua morte. All'altare si trovava la Pala Avogadro del Romanino, trasportata nel 1868 nella Pinacoteca Tosio Martinengo. L'altare della cappella è stato rimosso nel 1954 per aprire una porta d'accesso laterale alla chiesa ed è andato perduto.

a destra:

Cappella dei santi Crispino e Crispiniano: è la cappella patronale dei calzolai e dei pellettieri, raffiguranti nel Martirio dei santi Crispino e Crispiniano di Pietro Avogadro, commissionata nel 1706 e ritenuta il suo capolavoro. Il paliotto, molto semplice ed elegante, è del Settecento.


a sinistra:

 

Cappella dei martiri francescani del Giappone: l'altare è dedicato, a partire dal 1628, alla venerazione dei francescani deceduti come martiri durante la predicazione Giappone, raffigurati nella pala di Camillo Rama.

 

a destra:

Cappella di San Martino de Porres: è la cappella patronale dei barbieri e dei parrucchieri, intitolata dopo la canonizzazione del santo da parte di Paolo VI nel 1966. Sul lato destro vi è una tela che lo ritrae di Mario Pescatori (1905), mentre la pala centrale sopra l'altare settecentesco, è un San Diego attribuito a Orazio Pilati.


a destra:

 

Cappella dei santi Domenico e Francesco: ospita una tela seicentesca di autore incerto con l'Incontro tra san Domenico e san Francesco. L'altare marmoreo, dalle linee molto semplici, è anch'esso seicentesco.

 

a sinistra:

Cappella di sant'Apollonia: ospita la Pala di sant'Apollonia di Pietro Scalvini (1761).


a destra:

 

Cappella della Madonna di Pompei: ospita una tela con la Madonna di Pompei di Roberto Galperti, databile alla seconda metà del XIX secolo.

 

a sinistra:

Cappella dei santi Giacomo, Ludovico e Gottardo: la cappella, patronale dei tagliapietre, presenta un intero ciclo di affreschi di Floriano Ferramola. Sulla parete a sinistra si riconosce San Giovanni da Capestrano e San Bernardino da Siena a destra, mentre i tre santi titolari sono affrescati sulla parete di fondo. La conservazione integrale del ciclo è dovuta al fatto che fu coperto nel 1716 dai Quattro santi coronati di Pietro Avogadro, conservato al Museo diocesano di Brescia.


a destra:

Cappella della Madonna Addolorata: fatta erigere dal nobile Pietro Cazzago, presenta una decorazione a stucco variopinto lungo l'arcata, mentre all'interno, tra due colonne di marmo rosa, si trova una Madonna addolorata ad affresco. Il dipinto proviene dalla parete del corridoio sottostante la biblioteca. Fino al 1868 qui era collocata una Pietà del Romanino poi trasferita nella Pinacoteca Tosio Martinengo.

a sinistra:

Cappella di san Lucio: è la cappella patronale dei casari e dei salumieri. La tela è la Carità di San Lucio di Francesco Paglia, mentre l'altare, in marmi multicolori, risale al 1717.