Piazza dei Signori

La Piazza dei Signori è uno degli spazi più suggestivi e vitali di Padova ed una delle piazze simbolo della sua storia ma anche del suo presente vivace e attivo. È così chiamata perché qui sorgeva il "Palazzo della Signoria", la Reggia dei Carraresi, Signori di Padova dal 1318 al 1405. La piazza si adattava meravigliosamente alle riunioni e al passeggio dei nobili. Dal popolo fu dapprima chiamata della "Desolazione", per i ruderi dei palazzi, demoliti dalle opposte fazioni o partiti; poi dei "Trionfi", per la magnifiche feste che vi si svolgevano. Il 9 maggio 1848 dopo un infervorato discorso del Padre Alessandro Gavazzi, per raccogliere fondi, armi e uomini da arruolare "sotto la santa bandiera dei Crociati, combattenti per la liberazione del Veneto dal giogo austriaco" fu solennemente imposto alla Piazza il nome di Pio IX. In tempi a noi vicini fu anche chiamata "Piazza Unità d'Italia", ma poi si ritornò al vecchio nome. Qui si facevano le giostre, i tornei e al giovedì grasso si rappresentava la caccia al toro. Nel 1500 qui era l'arrivo della "Corsa degli asini, delle putte (ragazze) e degli ebrei che partiva dalla Porta dei Molini. La festa si faceva in ricordo della vittoria e della conquista della città, compiuta dai veneziani nel 1509, combattendo contro l'Imperatore Massimiliano I d'Asburgo.




Palazzo del Capitano






La Loggia del Consiglio


Colonna Marciana



Chiesa di San Clemente



Palazzo della Regione

Palazzo della Ragione

Con i suoi 82 metri di lunghezza e i 27 di larghezza il Salòn o Palazzo della Ragione, l'antica sede dei tribunali cittadini di Padova, è una delle più ampie aule sospese in Europa. Riconosciuto come uno dei più celebri monumenti civili eretti in Europa all'epoca dei Comuni. L'edificio fu costruito a partire dal 1218.

Tra il 1306 e il 1308, fra Giovanni degli Eremitani trasformò i tre grandi ambienti in cui era suddiviso il piano superiore in un'unica sala, ideando una nuova copertura a forma di carena di nave rovesciata.

A cavallo del primo decennio del trecento a Giotto e bottega viene affidato il compito di affrescare le pareti della grande sala, il ciclo però fu distrutto dall'incendio che nel 1420 mandò in cenere l'archivio dei Carraresi.

Gli affreschi furono ripristinati dal maestro padovano Nicolo' Miretto con la collaborazione di Stefano da Ferrara e di altri pittori sulla base degli studi di Pietro d'Abano, facoltoso studioso del suo tempo. Il ciclo di affreschi è suddiviso in 333 riquadri, si svolge su tre fasce sovrapposte, ed è uno dei rarissimi cicli astrologici medievali giunti fino ai nostri giorni.

La stretta relazione tra le pitture e la funzione del luogo che le ospitava spiega la presenza delle varie figure di animali, a volte fantastici, che costituivano le insegne dei seggi del tribunale, alla cui funzione si collegano anche le allegorie della Giustizia, del Diritto, del Comune in Signoria e gli affreschi raffiguranti il Giudizio di Salomone e la scena del processo.

 

Nel Salone sono conservati la pietra del Vituperio, su cui i debitori insolventi erano obbligati a battere per tre volte le natiche, dopo essersi spogliati (la pratica è all'origine dell'espressione restare in braghe di tela), e il grande cavallo ligneo, restaurato e ridato al suo originale splendore, realizzato da Annibale Capodilista per una giostra e in seguito donato dalla famiglia alla città. Oggi la grande sala è luogo di mostre e di incontri culturali, mantenendo un ruolo centrale all'interno della vita pubblica di Padova.